MILANO: Tribunale, Sez. I, Sentenza, 24/01/2020 Reati commessi a mezzo stampa

Venerdì, 24 Gennaio 2020 05:59

MILANO: Tribunale, Sez. I, Sentenza, 24/01/2020 Mondialpol Bergamo S.R.L. c. Gruppo Editoriale L'Espresso SPA Reati commessi a mezzo stampa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il giudice Laura Massari ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 62869/2016 promossa da:

M.B. S.R.L. (C.F. (...)) e M.S. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. BARI BARBARA ((...)) VIA A. DA ROSCIATE 28 24124 BERGAMO, elettivamente domiciliate presso lo studio dell'avv. De Martini in Milano via E. Visconti Venosta 7

ATTORI

contro

GRUPPO E.E. SPA (C.F. (...)) e F.G. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. RIPA DI MEANA VIRGINIA e CROCI RUBEN ((...)) Indirizzo Telematico, elettivamente domiciliati in VIA MOZART, 2 20122 MILANO presso il difensore avv. RIPA DI MEANA VIRGINIA

CONVENUTI

Oggetto: risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. M.S. s.p.a. e M.B. s.r.l. hanno convenuto in giudizio il Gruppo E.E. s.p.a., società editrice del settimanale L.E., e il dott. F.G., e ne hanno chiesto la condanna al risarcimento del danno, quantificato rispettivamente in Euro 210.000,00 e in Euro 50.000,00, previo accertamento e dichiarazione del contenuto diffamatorio e lesivo della loro immagine di un articolo, e della fotografia posta a corredo, apparso sul settimanale in uscita venerdì 31.7.2014 dal titolo "Aiuto, c'è un buco nel caveau" a firma F.G. (doc.6).

E' stata avanzata anche domanda di condanna dei convenuti, in solido, al pagamento della sanzione pecuniaria ex art.12 L. n. 47 del 1948 nonché alla pubblicazione della sentenza ex art. 120 c.p.c. e al pagamento delle spese del giudizio.

Si sono congiuntamente costituiti il Gruppo E.E. s.p.a. e il dott. F.G. che in via preliminare hanno eccepito: la incompetenza per territorio di questo Tribunale rispetto alla domanda di M.B. s.r.l., società con sede in B., per essere competente il tribunale di Bergamo, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., o il Tribunale di Roma ai sensi degli arttt.18 e 19 c.p.c.; la carenza di legittimazione passiva del dott. F.G. rispetto alla dedotta lesione per effetto della fotografia pubblicata, poiché la scelta delle immagini non dipende dall'iniziativa dell'autore dell'articolo ma è rimessa alla redazione della testata.

Nel merito, hanno chiesto il rigetto delle domande, rilevandone la infondatezza sotto ogni profilo.

Sia le attrici sia i convenuti hanno dato atto della pubblicazione in data 3.10.2014 della rettifica richiesta dal legale delle attrici (docc.8 e 9 attrici; doc.3 convenuti).

Alla prima udienza il legale delle attrici ha depositato atto di cessione del credito risarcitorio oggetto della domanda di M.B. s.r.l. da detta società in favore di M.S. s.p.a., già notificato via pec al convenuto Gruppo E.E. e via posta ordinaria al convenuto G., e ha chiesto l'estromissione dal giudizio di M.B. s.r.l. alla luce della cessione. Ha rilevato la tardività della eccezione di incompetenza per territorio sollevata dai convenuti, da ritenersi comunque superata alla luce della intervenuta cessione, e ha chiesto termine per il deposito di memoria in replica alla costituzione avversaria.

Questo giudice ha disposto procedersi secondo le norme del rito ordinario ("ritenuto che, indipendentemente dalla necessità di assumere prove costituende, la complessità delle questioni in fatto e in diritto prospettate dalle parti sia incompatibile con la sommarietà del rito; ritenuto infatti che il procedimento sommario di cognizione sia stato introdotto con finalità deflattive e con funzione acceleratoria per i procedimenti che sono suscettibili di definizione sollecita per la semplicità degli accertamenti in fatto e in diritto; ritenuto, invece, che, ove la decisione, pur in esito ad istruttoria solo documentale, richieda una complessa attività di accertamento e studio, si imponga la trattazione con rito ordinario") e ha fissato udienza ex art. 183 c.p.c. alla quale sono stati assegnati i termini di cui all'art.183 comma 6 c.p.c..

Respinte le istanze di prova testimoniale richieste dalle attrici e istruita la causa con le sole produzioni documentali, sulle conclusioni delle parti come precisate all'udienza del 25.6.2019 la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche.

L'eccezione di incompetenza per territorio sollevata dai convenuti per la posizione di M.B. non è fondata, sebbene per ragioni diverse da quelle indicate dalle attrici.

Va in primo luogo ricordato che ai sensi dell'art. 5 c.p.c. "la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo".

Ne consegue che la cessione del credito risarcitorio da M.B. a M.S., intervenuta dopo il deposito del ricorso e il giorno precedente la prima udienza, è affatto irrilevante ai fini della valutazione della fondatezza o non della eccezione proposta dai convenuti (a prescindere dal valutare se la successione a titolo particolare nel credito si configuri quale iniziativa volta ad incidere surrettiziamente sulle regole della competenza).

Va ancora ricordato che nei giudizi promossi per il risarcimento dei danni conseguenti al contenuto diffamatorio di una trasmissione televisiva e, più in generale, di quelli derivanti dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al "forum commissi delicti" di cui all'art. 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione - che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione - consente, da un lato, di evitare un criterio "ambulatorio" della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno-evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole. (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 21661 del 13/10/2009).

Tale criterio di competenza del "forum commissi delicti" di cui all'art. 20 cod. proc. civ., identificato nel luogo del domicilio o, se diverso, dalla residenza del soggetto danneggiato, non ha tuttavia carattere esclusivo ma concorre con la regola generale per cui i fori di cui agli artt. 18, 19 e 20 cod. proc. civ. sono, comunque, alternativi. (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 271 del 12/01/2015).

Nel caso di specie, la competenza per territorio di questo Tribunale anche per la domanda proposta da M.B. va ritenuta individuata in forza del foro generale del convenuto persona fisica dott. F.G. ex art. 18 c.p.c..

Il convenuto G. è residente a Cernusco sul Naviglio (fatto non contestato). Non persuade la laconica affermazione della difesa dei convenuti secondo la quale la sede in Roma della redazione de L.E. dovrebbe "intendersi quale domicilio lavorativo del giornalista F.G." per escludere la competenza di questo Tribunale, nella cui circoscrizione si trova il luogo di residenza, da ritenersi effettiva in ragione della notifica del ricorso ivi avvenuta, a mezzo del servizio postale, personalmente al destinatario.

Ha riferito in citazione la difesa attorea che "M.S. Group rappresenta un gruppo di Società, affermato da anni a livello nazionale, che offre una vasta gamma di servizi nel campo della vigilanza, sia per il cittadino che per le attività commerciali e industriali. La sua articolata struttura è composta da varie società, tra cui Istituti di Vigilanza e Trasporto Valori dislocati in tutto il nord ed il centro dell'Italia, la Sardegna, inclusa la M.B. s.r.l. (di seguito M. B.) operante appunto nella provincia orobica, e società di Intermediazione, come la M.S. spa (da qui in poi, solo M. Service). Quest'ultima, in particolare, è titolare di licenza di Agenzia di Affari ex art. 115 TULPS e svolge attività di assunzione e gestione di contratti in proprio e per conto di terzi, in qualità di mandataria o commissionaria, finalizzati all'individuazione di Istituti di Vigilanza, per lo svolgimento dell'attività di vigilanza, trasporto, contazione e trattamento di valori.

4. Segnatamente, M. Service organizza i servizi predetti nell'interesse dei clienti secondo le specifiche esigenze rappresentate dai medesimi (localizzazione dei punti vendita e/o filiali ove effettuare i prelievi e degli istituti bancari di appoggio per l'accreditamento dei valori prelevati e contati), appaltandoli o a società del Gruppo o ad altri istituti di trasporto e valori di rinomata e sicura affidabilità.", tra i quali, anche la società N.E.S. s.p.a. di T.. Poiché M.S. resta responsabile, nei confronti dei mandanti, della corretta esecuzione delle obbligazioni da parte degli istituti incaricati, lo "scandalo senza precedenti" che alla fine del 2013 ha investito N. ha esposto M.S. a richieste risarcitorie "da parte dei mandanti nel cui interesse erano stati appaltati a N. i servizi di trasporto, custodia, contazione valori, ed a cui non erano stati riconsegnati i valori di loro proprietà", talune sfociate in controversie giudiziarie.

In questo contesto, si legge ancora in citazione, M.S. "Mai si sarebbe quindi aspettata, oltre al danno, di vedersi recapitata la "beffa" di subire anche un danno di immagine incalcolabile, per effetto di articolo diffamatorio a firma del giornalista dott. F.G. e pubblicato dal settimanale L.E." nell'edizione del 31 luglio 2014.

L'articolo oggetto delle doglianze delle attrici prende le mosse proprio dalla vicenda di ingenti ammanchi nei caveau dell'istituto di trasporto e custodia N.N.E., all'epoca della pubblicazione oggetto di indagine da parte dell'autorità giudiziaria di Treviso, per occuparsi e sviluppare l'argomento delle banche che si affidano a istituti privati per la custodia del denaro, degli ammanchi accertati (come quello della N. di circa 40 milioni di Euro, altro alla Ipervigile di Nocera Inferiore di quasi 10 milioni di Euro), dell'aumento delle polizze assicurative, della gestione non sempre corretta di tale attività da parte di "imprenditori più spregiudicati" che "per rientrare nelle spese, evadono l'Iva, i contributi previdenziali dei dipendenti e le imposte sui redditi", della "inadeguatezza dei controlli da parte di banche, prefetture e questure". Il giornalista si avvale anche dei dati forniti dal segretario del Savip, "un piccolo sindacato del settore", per riferire la complessiva entità degli "ammanchi", costituita non solo da quanto fatto sparire da chi dovrebbe occuparsi della custodia (come per la vicenda N.), ma anche a seguito di assalti ai caveau ("l'altro capitolo del colabrodo Italia. Sempre secondo i calcoli del sindacato Savip, dal 2005 ladri e rapinatori hanno fatto sparire 63 milioni 200 mila Euro. Compresi i 5 milioni rapinati alla "Cooperativa vigilanza Sardegna" a Nuoro il 14 ottobre scorso, i 6 milioni di bottino all'assalto paramilitare alla "Sicurcenter" di Bari l'11 febbraio e il record di 30 milioni, mai ritrovati, prelevati nel 2008 dal bunker della "M." a Biella"), per appropriazioni da parte di guardie giurate infedeli, rapine ai blindati (ne sono richiamate alcune: a 40 km da Cagliari, sul raccordo anulare di Roma, a Napoli).

Denaro per lo più non recuperato: "Soldi che, come da anni segnala il Savip, spesso prendono il volo grazie ai mancati controlli sulla regolarità dei servizi di trasporto e custodia".

Prosegue il giornalista che "in questa nebulosa, perfino ciò che dovrebbe essere a prova di ladruncolo è in realtà un colabrodo" e descrive le modalità per sottrarre il denaro dalle cassette che riforniscono i bancomat, spesso neppure denunciate perché "lo svuotamento anticipato" viene imputato a errore del sistema di impacchettamento. E ancora la gestione delle monete ("i centesimi e i pezzi da uno e due euro diventano una scocciatura che rallenta i processi di conta e aumenta i costi di gestione") e come può essere "funzionale all'appropriazione del denaro", descrivendo il ritrovamento di "cumuli di monete metalliche" in alcuni istituti di custodia (a Napoli e presso la filiale di G. della N.).

L'ultima parte dell'articolo è dedicata alla figura del presidente della N.L.C., all'indagine della Procura di Treviso appena conclusa dalla quale è emersa una illecita gestione dell'attività che "forse" avrebbe potuto essere fermata con i dovuti controlli, il coinvolgimento dell'allora questore di Treviso.

L'articolo è corredato da alcune fotografie con la seguente unica didascalia: "il deposito della N., assalto a un furgone in Sardegna e una rapina in Brianza", quest'ultima dove appaiono alcune persone e un furgone giallo con la scritta 'M.' all'interno di una zona delimitata da nastro bianco/rosso.

Si richiamano brevemente i noti principi affermati dalla giurisprudenza in materia di diffamazione al fine di realizzare un ragionevole bilanciamento tra i diritti all'onore ed alla reputazione e la libertà di opinione e manifestazione del pensiero (art.21 Cost.), che dei primi costituisce il c.d. limite esterno quando venga esercitata secondo precisi criteri.

Nella fattispecie in esame viene principalmente in considerazione il diritto di cronaca inteso come il diritto di raccontare tramite mezzi di comunicazione di massa accadimenti reali in considerazione dell'interesse che rivestono per la generalità dei consociati, che deve rispettare i seguenti tre criteri per escludere l'antigiuridicità degli illeciti contro l'onore: 1) verità oggettiva dei fatti esposti (Cass. n.8953/06; Cass. n.6877/00; Cass. n.5947/97), o anche soltanto putativa purchè frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca e verifica delle fonti (Cass. n.2751/07; Cass. n.2271/05; Cass n.23366/04); 2) utilità od oggettivo interesse alla conoscenza dei fatti da parte della pubblica opinione (c.d. pertinenza);

3) correttezza formale dell'esposizione (c.d. continenza).

Il significato di "verità oggettiva" può essere inteso "anche come verità della notizia come fatto in sé e quindi indipendentemente dalla verità del suo contenuto" e in tale ipotesi è necessario che "tale propalazione costituisca di per sé un "fatto" così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse, fermo restando che il cronista ha inoltre il dovere di mettere bene in evidenza che la verità non si estende al contenuto del racconto" (Cass. n.1205/07).

Poiché nell'articolo sono riportate anche notizie relative ad una indagine giudiziaria, si ricorda che la cronaca giudiziaria è lecita quando sia esercitata correttamente, "limitandosi a diffondere la notizia di un provvedimento giudiziario in sé ovvero a riferire o commentare l'attività investigativa o giurisdizionale" (Cass. pen. n.7333 del 28.1.2008; Cass. pen. n.15643 del 11.3.2005); che la "verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste qualora essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso" non richiedendosi al giornalista di dimostrarne la fondatezza (Cass. pen. n.43382 del 16.11.2010), salvo l'obbligo di accertare la reale sussistenza del provvedimento (Cass. pen. n.45522 del 21.10.2008; anche Cass. civ. n.13346/2004 secondo la quale il giornalista che riporti dichiarazioni di 'pentiti' contenute in una ordinanza di custodia cautelare, è "tenuto esclusivamente ad accertare che le stesse siano state rese ed il contesto nel quale ciò è avvenuto e non anche a svolgere indagini sulla loro attendibilità"; anche Cass. n.1205/2007; Cass. n.5727/2009); che non vi è un obbligo per il giornalista di controllo della fonte informativa quando la notizia provenga dall'autorità investigativa -come nel caso di specie- o giudiziaria (Cass. civ. n.2271/2005, conformi nn.20138 e 20139 del 2005), sempre che non vi siano alterazioni o travisamenti e sia dato espressamente conto della 'fase' delle indagini.

Nel caso in esame inoltre, seppure in via residuale, rileva anche l'esercizio del diritto di critica, anch'esso espressione della libertà di manifestazione del pensiero, che consiste nella comunicazione di giudizi, opinioni, valutazioni e come tale si fonda su una interpretazione necessariamente soggettiva di fatti e comportamenti.

Risolvendosi quindi nel diritto di esprimere personali considerazioni, anche dissenzienti, il criterio di verità va riferito non tanto all'opinione espressa quanto ai fatti ed ai comportamenti attribuiti e quindi assunti quale presupposto per la loro valutazione in chiave critica.

Inoltre, "in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, qualora la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell'autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di critica, stabilire se lo scritto rispetti il requisito della continenza verbale è valutazione che non può essere condotta sulla base di criteri solo formali, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita (art. 21 Cost.), bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica all'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto, che costituisce, assieme alla continenza, requisito per l'esimente dell'esercizio del diritto di critica." (Cass. n.15433/2013).

Rispetto all'esercizio del diritto di cronaca è consentito l'uso di un linguaggio più pungente ed incisivo e il limite della continenza è attenuato per lasciare spazio all'interpretazione soggettiva dei fatti narrati e per svolgere le censure che si vogliono esprimere (Cass. n.465/96), anche se lesive della reputazione altrui, purchè strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall'opinione o dal comportamento preso di mira (Cass. n.12420/08; Cass. n.28411/08).

Va infine ricordato che se la narrazione di determinati fatti è esposta insieme ad opinioni del dichiarante, in modo da costituire al contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione del bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, è ravvisabile nell'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza di quella interpretazione del fatto oggetto di critica, ma la libertà di elaborazione ed interpretazione deve comunque partire da dati fattuali corrispondenti al vero. Ciò sta a significare che è legittimo che un giornalista offra al pubblico la propria personale lettura di plurimi avvenimenti, collegandoli tra loro, anche se ciò possa portare a delineare le persone coinvolte in modo negativo. La libera manifestazione del pensiero e delle opinioni in chiave critica non può tuttavia prescindere da una corretta esposizione dei fatti e dalla loro verità effettiva o anche solo putativa.

Nel caso in esame non può essere fondatamente messa in discussione la sussistenza dell'interesse pubblico alla conoscenza di quanto narrato nell'articolo in questione, considerata l'indiscutibile importanza per la collettività ad essere informata sulla custodia del denaro che i cittadini affidano alle banche ed anche sugli aspetti negativi, sino alla illiceità, della condotta degli "imprenditori più spregiudicati" nella gestione di tale attività.

Risulta inoltre rispettato il criterio della continenza, formale e sostanziale.

Il linguaggio utilizzato dal giornalista è corretto e di per sé privo di espressioni offensive o gratuitamente denigratorie di tutti i soggetti (persone fisiche e giuridiche) richiamati nello scritto, con la precisazione che la indicazione "M." è riportata una sola volta per ricordare la rapina di 30 milioni da essa subita nel 2008 a Biella.

Risulta inoltre pienamente rispettato anche il criterio della verità poiché nonostante la difesa attorea sostenga che "Non c'è verità, perché più che di "fatti" narrati, trattasi di una sequenza infinita di svariati e gravissimi addebiti rivolti all'imprenditoria del settore", non indica alcun "fatto" riportato nello scritto che non sarebbe vero, limitandosi a contestare come 'non vere' le opinioni del giornalista e la sua valutazione dell'intera vicenda.

Rileva ancora che l'articolo, prendendo spunto da una vicenda indiscutibilmente vera (l'indagine a carico di N. e la 'sparizione' di circa 40 milioni di Euro), descrive una attività imprenditoriale mettendone in luce gli aspetti negativi e la inadeguatezza dei controlli, che la ha in parte consentita, senza tuttavia insinuare o lasciare intendere che tutti gli operatori del settore si comportino scorrettamente.

Non è dunque in alcun modo condivisibile la prospettazione attorea che ritiene di assumere riferita a M.S. ogni critica e ogni illecito descritto, così come non trova riscontro nel contenuto dell'articolo l'affermazione che sarebbe dipinto "un quadro dantesco in cui opererebbero gli istituti del settore", e quindi -ritiene parte attrice- anche M. "leader nazionale nell'attività di affidamento dei servizi per conto terzi".

Va ribadito che il sistema descritto (definito un "far west" nel riportare, tra virgolette, le dichiarazioni del segretario del Savip) non è affatto rappresentato come prassi generale che coinvolge tutti gli istituti che vi operano ma come un ambito dove, per mancanza di controlli e scarsa vigilanza da parte dei soggetti cui compete il controllo ("inadeguatezza dei controlli da parte di banche, prefetture e questure"), possono trovare spazio "imprenditori più spregiudicati" con danno per gli altri, ad esempio in termini di aumento dei premi assicurativi, per le guardie giurate che vedono ridotti i loro stipendi, per tutti i cittadini sui quali ricadono i maggiori costi dei servizi.

E' assente qualsiasi riferimento, anche solo di tipo suggestivo, idoneo ad insinuare che il quadro fornito dal giornalista coinvolga tutti gli istituti di vigilanza e dunque anche M., il cui unico riferimento è nell'indicarla, dopo altri due istituti di vigilanza, come vittima di una rapina rispetto alla quale l'apertura del paragrafo ("gli assalti ai caveau degli istituti di vigilanza sono l'altro capitolo del colabrodo Italia") non la rende 'complice' come sembra ritenere la difesa attorea.

Il secondo esplicito richiamo a M. è nel contenuto della terza fotografia ("una rapina in Brianza") dove è raffigurato un furgone di M. dopo aver subito una rapina.

Nessun accostamento allusivo: si tratta realmente di una foto scattata dopo una rapina e nulla, nella didascalia o nel corpo dell'articolo, induce il lettore a ritenere che si tratti di una "finta" rapina per giustificare la perdita del denaro.

Infine si rileva che M.B. non risulta mai evocata, né direttamente né indirettamente.

Conclusivamente, l'articolo rispetta i criteri di verità, continenza e pertinenza sopra enunciati e non è in esso ravvisabile alcun connotato diffamatorio, concretamente lesivo della immagine e della reputazione delle società attrici con loro "notevole discredito".

Non è consentito perdere di vista l'effettivo contenuto dell'articolo e confrontarsi con esso per trarne conseguenze o deduzioni per ciò che, seppure non detto, secondo la difesa attorea sarebbe implicito.

L'intero contesto espressivo in cui l'articolo è inserito, compresi titolo ("Aiuto, c'è un buco nel caveau"), sottotitolo ("Milioni spariscono dai forzieri dei portavalori. Senza rapine. E grazie a scarsa vigilanza. Ora si indaga. E spunta un nome noto."), fotografie (oltre alle tre descritte anche quella di un caveau), non fornisce nell'immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva alcuno spunto per connotare negativamente l'attività di M..

Passando al contenuto dell'articolo, risulta evidente anche ad un lettore non particolarmente attento come non sia prospettato (né tantomeno insinuato) alcun coinvolgimento diretto o indiretto di M.S. o di altra società del "gruppo" nella sparizione di denaro da alcuni caveau gestiti da altri istituti di vigilanza o di quanto ad essi affidato o in attività illecite.

Il rigetto delle domande per tali ragioni rende superfluo l'esame di ogni altra questione e dei profili di danno lamentato.

Né le prove articolate dalle attrici, anche ove assunte con esito ad esse favorevole (così superando i profili di non rilevanza richiamata nell'ordinanza di rigetto), potrebbero portare a diverse conclusioni.

Da ultimo si ricorda che nel caso di specie il direttore del settimanale ha dato corso alla pubblicazione della rettifica come richiesta, circostanza che tuttavia non implica alcun riconoscimento dell'altrui pretesa in ragione della natura della rettifica.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, con riduzione del 50% dei compensi relativi alla fase istruttoria limitata al deposito delle memorie e senza aumento per la assistenza a più soggetti, considerata la sostanziale unitarietà e coincidenza delle difese.

P.Q.M.


Il giudice, definitivamente pronunciando sulle domande delle parti, ogni altra eccezione, domanda e istanza disattese, così provvede:

-rigetta l'eccezione di incompetenza per territorio di questo Tribunale in relazione alle domande di M.B. s.r.l.;

-rigetta le domande di M.S. s.p.a. e di M.B. s.r.l.;

-condanna le attrici M.S. s.p.a. e M.B. s.r.l. al pagamento in favore dei convenuti Gruppo E.E. s.p.a. e F.G. delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi Euro 10.730,00 per compenso oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Cpa e Iva.

Conclusione
Così deciso in Milano, il 23 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2020.

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